18 luglio

l’ometto anziano che se ne sta piantato da un pò davanti alla bacheca degli annunci mortuari vicino all’edicola, le mani dietro la schiena, ha l’aria concentrata e ansiosa di chi sta consultando un ordine di partenza.
Mio papà non è così, quando passa davanti a quella bacheca lancia uno sguardo fugace e accelera leggermente l’andatura, poi si infila deciso in edicola e ne esce poco dopo con Repubblica e l’Unità sotto il braccio. E con cadenza settimanale la Settimana Enigmistica, per tenere allenati cervello e memoria.
Mio papà ha preso atto del fatto che non ha più il passo fiero e veloce di una volta, ed ha accettato di rallentare. Dovendo rinunciare alla bicicletta da corsa, alla pesca solitaria sulle rive del Ticino e agli allenamenti di karate, legge moltissimo, coltiva tenacemente la passione per la politica, ascolta buona musica, guarda vecchie fotografie, dipinge. E ricorda. E mi racconta dei suoi ricordi e del suo tempo, con quel bell’eloquio fluente, ricco di aggettivi e di colori, di suoni e di odori.
Dice che ha avuto un buona vita, ha girato molto, ha visto luoghi e soprattutto incontrato gente, ha realizzato molti progetti e raggiunto mete che pensava fossero solo sogni. E’ consapevole che il suo tempo sta per scadere, che ogni giorno in salute – a parte i diversi cronici acciacchi con i quali ha imparato a convivere – è un regalo per il quale è grato. Ancora non ha risolto il problema della fede, ma sostanzialmene è pronto.
Sono io che non sono pronta alla sua assenza. Non lo sarò mai.
Buon compleanno, papà.